Chi siamo

Maestri di Fabbrica, negozio di proprietà della società Idetos s.r.l., opera da molti anni per la promozione dell'artigianato artistico e tradizionale .

Da questa esperienza sono nate tre linee di produzione proprie, come la linea di profumi e fragranze per la persona e la casa a marchio Maestri di Fabbrica, quella di pezzi unici ad alta impronta artistica, d'uso per la persona, la casa o il regalo, realizzati da Daniele Calamandrei e quella della bigiotteria ispirata a monumenti simbolo di importanti città d'arte, a marchio MyTravels Firenze©.

Il nostro team

Le figure professionali di principale riferimento sono:

- Susanna Milani, consulente aziendale, organizzatrice eventi, progettista ed esperta di visual
- Daniele Calamandrei, consulente aziendale, ricercatore, progettista.
 

Intervista a SUSANNA MILANI

Susanna Milani è una delle anime di Maestri di Fabbrica, nonché una vera esperta di alta bigiotteria. Cerchiamo insieme di saperne un po’ di più sul suo conto.

D. Buongiorno posso chiamarti Susi?

R. Certo. Mi chiamano tutti così.

D. Maestri di Fabbrica nasce come punto di riferimento, oltre che di aggregazione, di artigiani e fabbriche artistiche del territorio principalmente toscano. Perché la bigiotteria internazionale a Maestri di Fabbrica?

R. Non chiamiamola bigiotteria.

D. E come la chiamiamo?

R. Chiamiamola “gioiello non prezioso”, oppure “gioiello low cost”. Ma ciò non è propriamente corretto. Perché in realtà di non prezioso c’è solo il metallo, ma preziosa è la lavorazione che vi sta dietro, fatta da veri e propri “maestri”. Infatti la bigiotteria americana è nata nel secondo dopoguerra, da molti orafi italiani immigrati negli Stati Uniti, dove hanno applicato le tecniche della tradizione orafa italiana ai metalli non preziosi, tipo ottone, rame ecc. Poi, col tempo si sono aggiunti maestri di diversa nazionalità. Dal loro impegno sono scaturiti, fra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso, pezzi di grande charme e personalità, intramontabili, ancora oggi in grado di attrarre numerosi appassionati , collezionisti, intenditori.

D. E perché questo a Maestri di Fabbrica?

R. Perché come ti ho detto si tratta del lavoro di grandi maestri, di una forma di alto artigianato, che a ben diritto possono stare nel novero delle attività rappresentate da Maestri di Fabbrica. E perché questo tipo di artigianato rappresenta la mia personale passione.

D. E chi sono questi maestri?

R. Gustavo Trifari, oppure Alfred Philippe, designer di gioielli per Cartier e poi per Trifari. Oppure Adolph Katz, disegnatore di Coro o Edmund Mario Granville designer di Monet. E poi non dimentichiamoci di Miriam Haskell la quale era un vero e proprio genio.

D. A sentirti parlare si direbbe che il cliente di Maestri di Fabbrica può trovare qui una vera esperta di alta bigiotteria. È così?

R. Non sta a me dirlo. Posso dire che i clienti di Maestri di Fabbrica sono sia appassionati privati, che rivenditori, in quanto tali intenditori, ma che fanno affidamento alla mia personale attività di ricerca e selezione e si lasciano consigliare.

D. Come hai acquisito questa competenza?

R. Prima di tutto per passione. Analizzando con attenzione i pezzi che inizialmente amavo collezionare, studiando le più importanti pubblicazioni, a partire da quella che per me è il guru della costume jewellery, Judith Miller. Anni e anni di studio e ricerca. Per questo, ad ogni cliente, mi sento in condizione di rilasciare, per qualsiasi pezzo acquistato qui in Maestri di Fabbrica, un certificato di autenticità.

D. Ma qui a Maestri di Fabbrica il cliente può trovare solo pezzi della storia della bigiotteria americana?

R. No. Anche pezzi contemporanei dei più famosi designer di gioielli, per lo più italiani ed europei. Ma in questo caso il senso è diverso: la ricerca è fatta per rendere accessibile, ad una persona normale, un oggetto di lusso. Si può dire il lusso a portata di mano. Ad esempio, se vuoi un orologio di Cavalli puoi arrivare a trovarlo qui ad un decimo del suo prezzo di mercato. Per fare questo occorre saper trovare e riconoscere le occasioni. Senza però approfittarsene nei confronti del cliente. Proprio per l’obiettivo del lusso a portata di mano.

Intervista a DANIELE CALAMANDREI

Daniele Calamandrei è la mano artigianale di Maestri di Fabbrica, che realizza per una linea di pezzi unici, ad alta impronta artistica, decorati a mano, mediante intarsio di frammenti di pelle o eco-pelle. Cerchiamo insieme di saperne un po’ di più sul suo conto.

D. Buongiorno Daniele. Se ti dovessi presentare con poche parole, come ti definiresti?

R. Una domanda a cui a me personalmente è impossibile rispondere. Infatti ritengo che una persona sia soprattutto per quello che fa. Quindi è ciò che ha fatto che più di ogni cosa la definisce. Potrei dire chi sono stato finora. Preferirei, però, provare a dirti quello che sono per ciò che sto facendo, ma che, non avendolo compiuto, è ancora indefinito. Sarebbe un po’ come dirti oggi come mi piacerebbe essere ricordato domani.

D. E come ti piacerebbe essere ricordato domani?

R. Mi piacerebbe essere ricordato come Attore e Artista. Al momento non sono né l’uno né l’altro. In un modo bizzarro forse sono l’uno. Forse.

D. Ma se ancora non lo sei perché aspirarci ancora?

R. La cosa apparentemente strana è che l’Attore e l’Artista rappresentano ruoli comunicativi e per me è sempre stato difficile comunicare. Sarà stata la mia timidezza, il mio carattere introverso. Sarà stato il timbro della voce o la parlata un po’ troppo campagnola. Fatto sta che il farmi capire non è mai stata la mia migliore qualità. A pensarci ora, desiderare di essere ricordato come Attore e Artista è come se volessi arrivare in fondo essendo riuscito a superare il mio limite personale, dopo averci lavorato sopra una vita intera. Quindi, riuscirci è importante, ma averci provato lo è ancora di più.

D. Ma in ogni caso pensi di riuscirci?

R. Ovviamente non sono sicuro di riuscirci, ma ci ho sempre provato e anche ora lo sto facendo. Non riuscivo a comunicare a viva voce e allora ho provato con la recitazione e la musica. Tuttavia la mia emotività mi rendeva incapace in entrambe le situazioni. Non ero neanche molto abile nella scrittura. Ho variato le situazioni, ho fatto molte cose: ho fatto il commercialista, il consulente aziendale, il formatore, l’insegnante, il ricercatore, ho scritto libri. Sono tutte attività che in gran parte comunicano con le parole. Sono stato contento di averle fatte e, per buona parte del tempo, di averle fatte bene. Mi sono reso conto però che tutte conducevano ad un modo di comunicare verbale che presentava costantemente il rischio di ripetersi uguale a sé stesso, monotono, ripetitivo come un continuo copia/incolla.

D. E poi?

R. Poi ho fatto tante altre cose: ho riparato di tutto, ho lavorato con l’elettricità, l’idraulica, le vernici, il legno, il ferro. Ho fatto finanche il cuoco. È come se avessi finora recitato tante parti in commedia, proprio come un Attore. In un certo senso potrei dire che Attore lo sono già stato.

D. Quindi mancherebbe l’Artista?

R. Attraverso i tanti mestieri ho verificato che le mani erano il media che mi dava più soddisfazione. Vi era un alabastraio paraplegico che, con i suoi modi di dire, ha svelato il paradigma del comunicare con le mani. Era soprannominato Pupo. Lui diceva: “Andare a bottega per me è come una cura. Sentire con le mani il verso della pietra, trasformarla, vedere ciò che da essa viene fuori, mi fa stare bene”. O qualcosa del genere. E poi ancora diceva: “Faccio il mestiere più bello del mondo perché i clienti non sono clienti ma diventano amici”. Diventavano amici perché lui si compiaceva della meraviglia che leggeva nei loro occhi quando osservavano il frutto del suo lavoro. Era l’emozione che suscitava e l’emozione che provava nel giungere in fondo all’opera che rappresentava la sua totale autorealizzazione.

D. Tu hai letto questa emozione negli occhi dei clienti?

R. Spesso ho avuto la sensazione di leggerla. L’oggetto sembrava “bello” ai loro occhi. Penso però che questo non sia sufficiente per essere un artista. Occorre qualcosa di più. Perciò ho cercato di perfezionare e articolare il mio modo di comunicare con le mani: ho sposato una mia tecnica personale, quella dell’intarsio con i frammenti di pelle e di eco-pelle; ho pensato ad un canale, quello della decorazione di oggetti d’uso. Questi non sono presenze statiche; si muovono con la persona. Pensa ad una borsa o ad un portafoglio. Interagiscono con ella quando lei li usa, che si tratti di un oggetto che viene acceso per illuminare o sia la stessa borsa già citata. Cerco di rappresentare qualcosa che abbia un significato compiuto per me, come a cercare di parlare a chi, acquistando l’oggetto, vorrà ascoltare. Ora come ora cerco di esprimere significati che corrispondano a valori collettivi a cui è bene ispirarsi sempre nel vivere quotidiano. Valori da portare sempre indosso, come “Fratelli in fuga”, decorazione dedicata a tutti coloro costretti ad abbandonare le loro case perché perseguitati per guerre, ingiustizie, miserie, i quali ci ricordano i drammi vicini all’uscio di casa e che ci riguardano in prima persona. O come “Un paese sul ponte”, a dirci che ci sono vicende che pongono il dilemma ad una collettività su quale strada prendere perché vi sia un futuro per tutti, ma rispetto alla quale ognuno deve porsi la domanda di quale sia la sua personale parte e responsabilità. Continuo anche a ricordare a me stesso la necessità di essere umile: puoi avere un’idea sulle cose, puoi cercare di comunicarla, ma i veri artisti sono altri. Da loro puoi solo prendere spunto e celebrarli. Lo faccio con una mia linea di decorazioni, chiamata “Ispirazioni”, che riprende i soggetti di opere di grandi del passato remoto e recente.

D. Quando potrai dirti “Artista”?

R. Artista uno non si definisce. Viene definito. Non so se questo si verificherà. Mi piacerebbe. Vi devo ancora mettere tanto del mio per arrivarci. Io mi accontenterei di riconoscere un’emozione positiva nel volto dell’altro, contento e orgoglioso di divulgare, nell’uso quotidiano di un mio oggetto, quello che ho cercato di raccontargli.

D. Adesso a che punto sei?

R. In che senso?

D. Nel senso di quanto ti senti compiuto come artista?

R. Beh è come quando chiedi ad una persona com’è la talaltra persona, alludendo al piano estetico e lei, in difficoltà nel dire la verità, risponde in modo evasivo: “È simpatica”. Come mi sento come artista? Simpatico.

Informazioni

IDETOS S.R.L.
Borgo degli Albizi, 68R
50122 Firenze (Italy)
T. +39 055 242321

email: info@maestridifabbrica.it

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